venerdì 30 marzo 2012

Non ci siamo

La testata online SANREMOnews tra giovedì e venerdì ha dedicato ben SEI (6) articoli al fatto che nella città c'è una donna che mendica con un bambino in braccio.

In realtà l'articolo è uno solo, le altre sono lettere al direttore ripostate come articoli (fuori stagione Sanremo dev'essere una città davvero noiosa e dove non succede mai niente, se un fatto simile suscita tutta l'attenzione della redazione...)

Purtroppo, è inutile prendersela col razzismo dei lettori, quando è il giornalista (o la redazione stessa) che hanno, non un atteggiamento razzista, ma semplicemente fuorilegge.

Dunque: dopo poche righe di descrizione del fatto, mi imbatto in questo periodo (la divisione in due punti è mia):

  1. La situazione purtroppo è grave e come è noto l'accattonaggio è un reato punibile dalla legge
  2. in questo caso è ancora più grave se si pensa che viene fatto con un minorenne. Un modo probabilmente per impietosire ma anche perchè non ci sono alternative.

Allora: Il reato di accattonaggio è stato abolito il 28 dicembre 1995(!) eliminando l'art. 670 del CP, che puniva con 3 mesi d'arresto "chiunque mendica in luogo pubblico e aperto al pubblico". Però è rimasta valida in tutta Italia la proibizione dell'elemosina "in forma organizzata o causando molestie o disturbo..." Quindi, la legge non punisce l'accattonaggio, ma il suosfruttamento. Se parliamo di sfruttamento, parliamo anche di sfruttatore. Cosa - chi è sfruttatore? Sicuramente un racket, piccolo o grande che sia. In assenza di altre prove, che nell'articolo non ci sono, non mi sento di considerare tale una madre che è OBBLIGATA a portare con sé il figlio, dato che non ha altro posto dove lasciarlo, se non una roulotte - una baracca, a rischio sgombero.

Ma... ad oltre 15 anni dall'abolizione dell'art. 670 del CP, non sembra che nessun legislatore abbia voluto intervenire sulla questione, ponendo così un problema (molto italiano) di interpretazione della legge secondo i comodi del più forte. Negli ultimi due anni, le norme del piano Maroni (dichiarato anticostituzionale lo scorso novembre) hanno così fatto da pretesto per i singoli sindaci e prefetti nel creare una specie di legislazione locale sui mendicanti, indipendente dalla legge e dalle norme italiane. Succede qualcosa di simile a Vipiteno, ma non è l'unico caso.

    Non è tollerabile che un bambino stia tutto il giorno in strada a chiedere l'elemosina con la madre. E' necessario un intervento contro questo fenomeno, in crescita nella città, non tanto per il decoro ma perchè la strada non è il posto per un bimbo.

Così termina l'articolo che darà il LA alle risentite reazioni dei lettori, che se la prendono contro la madre ed il povero destino di suo figlio innocente, facendo magari un po' di confusione, perché dopo poche righe la preoccupazione diventa quella PER IL DECORO DELLA CITTA'. Insomma "causando molestie o disturbo..." al buon vecchio senso comune, di chi un giorno invoca gli sgomberi, e quello seguente si lamenta se chi non ha casa vaga con la prole appresso.

Ma la questione dell'articolo FUORILEGGE non termina qui: ci sono ben due foto di una mendicante (ignoro se sia la donna in questione o un'immagine d'archivio) col volto ben visibile. Credo che un giornalista che si dichiara tale (non mi interessa la sua paga o la sua età, c'è una firma in coda all'articolo e tanto basta a considerarlo giornalista), dovrebbe sapere che gennaio scorso laCassazione ha stabilito che non si possono mettere volti di mendicanti sui giornali e sui media. E se al giornalista la notizia fosse sfuggita, cosa ci sta a fare il direttore responsabile?

(la risposta è semplice: compito del direttore è farsi inviare delle lettere, che ripetano quanto suggerito dal giornalista, o presunto tale, e pubblicarle come articoli!)

sabato 24 marzo 2012

Paul Polansky, poeta leggendario

(Note al testo ed Appuntamenti)

FAREPOESIA - RIVISTA DI POESIA E ARTE SOCIALE Anno 3 - N. 6 Marzo 2012
IN QUESTO NUMERO: PAUL POLANSKY POETA LEGGENDARIO a cura di Enzo Giarmoleo

Alcuni affermavano:"La poesia non è democratica, non fa sconti!" Altri parlavano dell'importanza solenne della metrica. Altri dissertavano sulla lunghezza del verso misurandolo. Altri dicevano che i "Veri" poeti in Italia sono circa dieci. Altri li rintuzzavano dicendo che quella era una visione elitaria. Altri parlavano di minimalismo, qualunquismo, epigonismo, di poesia come atto di fede nel futuro…

Mentre la disputa infinita infuriava è apparso a Milano Paul Polansky, poeta leggendario, uno degli scrittori più impegnati nella lotta per i diritti umani nell'Europa dell'Est, erede di una stirpe di guerrieri di un "antico villaggio vichingo", una stirpe di "belve combattenti"1. La sua presenza è riuscita a neutralizzare la controversia. Polansky non è approdato nella Milano dei "Veri" poeti, non ha sventolato bandiere per farsi notare.

Avevo letto il suo nome nelle locandine "resistenti" di realtà culturali come "La Casa della Poesia" di Baronissi e l'associazione "Angoli Corsari" di Reggio Calabria. Una sera di novembre, all'Arci di Turro, nel cuore del quartiere più multietnico di Milano, Polansky si è rivelato e ha rubato l'attenzione del pubblico con le sue poesie e i suoi racconti.

Le sue opere spaziano dalla narrativa alla poesia, inizia a scrivere romanzi per poi approdare, a 50 anni, alla poesia impegnata. Polansky è sicuramente il poeta più coinvolto, a livello globale, nella difesa dei diritti umani delle popolazioni Rom, vittime dell'olocausto. La parola nei suoi scritti ha sempre a che fare con l'azione e, come dice il poeta e attivista americano Jack Hirschman: "Non v'è alcuna fuga artificiosa attraverso lo stile". Polansky non si pone il problema di verseggiare per rispettare certe regole dell'accademia, né d'altra parte potrebbe farlo, tanto impellente è la necessità di raccontare. Per una volta la liricità non ha bisogno di lacci e lacciuoli. La poesia di Polansky è la prova che fuori dal carcere delle strutture linguistiche esistono mille altri modi di fare poesia. Il risultato è che riesce a trasmettere emozioni fortissime; in ogni parola, in ogni immagine, si sente l'odore dell'indigenza, della violenza, della guerra.

Nel 1963 Polansky lascia l'America per sfuggire all'arruolamento per la guerra in Vietnam e si trasferisce in Spagna, un paese dove ancora l'ombra del Caudillo si allunga minacciosa oscurando i cuori e le menti. La Guardia Civil è onnipresente sul territorio. Si sposta anche nella Spagna rurale, spesso girovagando sul dorso di un mulo per le sendas (mulattiere) in paesaggi selvaggi, per ricostruire il filo di sentieri persi e dimenticati, quasi anticipando la sua passione e la sua sete per la ricerca antropologica. Più di mille discorsi, la poesia "Caccia Grossa"2 svela un modo di sentire, quasi una concezione del mondo, con un tocco di ironia.

Nel 1991 parte per la Repubblica Ceca con l'intento di svolgere ricerche sulle origini della propria famiglia di linea paterna. Scopre negli archivi 40 mila documenti riguardanti il famoso campo di lavoro di Lety costruito durante la II guerra mondiale per gli ebrei e successivamente impiegato solo per gli zingari. Polansky non può rassegnarsi quando viene a sapere che il campo era gestito da guardie ceche e non da tedeschi. Contrastato nel suo intento dalle autorità egli cerca eventuali sopravvissuti al campo di lavoro. Le voci strazianti dei sopravvissuti sono contenute nella sua prima raccolta di testimonianze orali "Black Silence" e nel suo primo libro di poesie "Living Thru It Twice" (1998) che, come dice il poeta, gli ha cambiato la vita.

C'è una poesia che rispecchia la dedizione del poeta nei confronti dei Rom, scritta basandosi sulla testimonianza di una donna sopravvissuta al campo di sterminio di Lety, la poesia s'intitola "Pensavo di essere una sopravvissuta", una delle parole chiave del testo è il termine "barcollare" e ci suggerisce nettamente la sensazione di perdita d'identità che hanno provato migliaia di persone. La poesia è talmente densa di emozioni che ogni suo verso potrebbe dare il titolo a questo straordinario componimento.

Durante la fine degli anni '90, Polansky, dotato di grande empatia, combatterà a fianco delle popolazioni rom ceche per ottenere i risarcimenti per i torti subiti nei campi boemi durante la II guerra mondiale e fa propria la storia dolorosa degli zingari kossovari nella guerra Serbo-Albanese. La sua scrittura e la sua poesia saranno le sue armi per raccontare l'esperienza storica del popolo Rom ma anche per dare visibilità ad un popolo che appare soltanto negli "hate speech" diffusi nei discorsi pubblici e nelle rappresentazioni mediatiche negative.

La sua protesta comincia a preoccupare le autorità ceche, un suo romanzo "The Storm"del 1999, in nuce la descrizione di una sopraffazione storica, viene requisito dalle librerie3.

In questi anni la poesia serve ad esprimere questo dolore. È sempre una poesia che non segue i canoni classici della poesia tradizionale, la rima, la misura del verso; al di là del tema trattato, la drammaticità serpeggia nelle sue poesie. La poetica di Polansky è al di fuori dell'assolutezza di un principio che valga per tutti; c'è solo spazio per le allitterazioni e l'eufonia, tipiche della
antica poesia vichinga, che per il poeta sono naturali4.

Dalla storia inquietante di "Sacchi per Cadaveri" (1999) emergono i mali nascosti dell'America, un esempio di umorismo nero per una vicenda tragica come la strage per mano di due adolescenti5.

Gli anni seguenti vedono la ripresa dei temi dei Rom in Kossovo e nella Repubblica Ceca dove le autorità locali e civili auspicano l'eliminazione o la deportazione di queste comunità prendendo alla lettera la lezione swiftiana6. Nella poesia "The Well" lontano da atmosfere ovattate, c'è il racconto, crudo dettagliato, di uno zingaro vittima di una violenza estrema - uno dei tanti costretti a fuggire "da un paese in cui hanno vissuto per quasi settecento anni".

Come sempre avviene nei migliori esempi alla "Guantanamo", la violenza psicologica perpetrata nei confronti degli zingari cechi è paralizzante quanto quella fisica. Un esempio calzante lo troviamo nella poesie "Un Vestito Nuovo" e "Una scuola speciale". Ironia e sarcasmo del poeta, se da un lato attenuano la drammaticità e la crudezza di alcune poesie-racconto, dall'altro fanno emergere con più forza l'ingiustizia perpetrata nei confronti dei rifugiati come in "Fermata d'Autobus", "Il Presidente del Kossovo" e in molte altre.

I temi dei suoi scritti si alternano, dalle raccolte di poesie sui rom kossovari a quelle con connotazioni antropologiche sulle comunità di zingari, per ritrovare ancora la Spagna dove è iniziata la sua incredibile avventura.

Un suo libro in lingua ceca del 2001, "Homeless in the Heartland" venduto per le strade di Praga dai barboni, ricorda in parte l'epoca dei libri samiždat che venivano scambiati clandestinamente nella Praga degli anni '80. La discriminazione è ricorrente nella poetica di Polansky anche quando racconta la realtà dei senzatetto americani del midwest.

C'è anche una poesia più personale ed intima che ha per oggetto gli anni duri dell'adolescenza quando praticava sport come il football americano e la boxe. La boxe diventa protagonista di uno dei suoi libri più famosi, "Stray Dog" (Cane Randagio, 1999), in cui dagli aspetti violenti emerge la profonda sensibilità umana del poeta7. Nella poesia "Gli imbattuti", pervasa da un grande senso della realtà, alle immagini crude si associa un senso di fragilità e di sofferenza dell'io narrante consapevole che non si vince mai del tutto anche se abbatti l'avversario. Solo chi si distrae durante il "combattimento" non sente la poesia.

Un virus partito da un antico villaggio vichingo, diffusosi poi in America e ritornato in Europa, si aggira ora per Milano; è il virus "Polansky", pericoloso virus dell'empatia che potrebbe insediarsi nelle nostre menti per amplificare la nostra comprensione, per capire ad esempio le ragioni per cui i bambini zingari di Mitrovica (Kossovo) sono morti a seguito di complicazioni dovute ad avvelenamento da piombo nei tre campi ONU costruiti su una discarica tossica.

Dall'azione alla narrazione. Quella di Polansky è una metanarrazione mai consolatoria, che non si sofferma soltanto sulle discriminazione nei confronti dei rom e l'orrore da essi subito. Polansky racconta con molta serenità e in veste di antropologo anche l'origine, i rituali della cultura rom, le abitudini, le credenze, le abilità di questo popolo. Racconta in modo disarmante gli espedienti usati dai rom per sopravvivere, si sofferma su alcuni aspetti non accettati dalle comunità "civili" occidentali: usanze millenarie come la compravendita delle giovani spose o l'atteggiamento fortemente maschilista all'interno delle comunità zingare.

È grazie a questo approccio, alla serietà delle sue ricerche che la narrazione coinvolge l'ascoltatore e lo fa avvicinare allo scottante problema degli zingari8. La conoscenza di Polansky è frutto di una attenta osservazione sul campo e di pazienti ricerche antropologiche in India, Pakistan, Kashimir, ex Cina. Si scoprono cosi le similarità linguistiche tra gli zingari nostrani e le tribùsansis del Punjab, certa musica zingara del Rajestan in tutto simile al flamenco spagnolo o più in generale i debiti della musica colta nei confronti dei Rom.

Polansky trova nei luoghi originari degli zingari corrispondenze con moltissimi aspetti e dettagli della cultura rom di cui si era impadronito vivendo con i rom sia in Spagna che nel Kossovo.

Si sfaldano nei suoi racconti anche i luoghi comuni che vogliono gli zingari nomadi costantemente in viaggio. Gli zingari, dai musicisti ai maniscalchi, viaggiavano di mercato in mercato per vendere cesti, ferri di cavallo, briglie, setacci ecc, o si spostavano per i lavori stagionali ma solo dalla primavera fino all'autunno. Anche certe leggende, come quella del serpente domestico protettore della casa, suggeriscono che gli zingari non erano nomadi ma vivevano in abitazioni fisse.

La simbologia del serpente, comune agli zingari in Albania, Grecia, Turchia e nelle montagne della Bulgaria, le pietre fluviali messe nelle tombe per garantire l'acqua ai defunti nell'aldilà allo scopo di non mendicare l'acqua nell'altro mondo, certe cure sciamaniche comuni sia agli zingari della Bulgaria che a quelli del Kossovo o l'appartenenza alle caste sono prove del legame degli zingari con l'India.

Polansky sa che gli zingari sulle montagne della Bulgaria credono nel Dio Sole e ritrova questo legame, in particolare a Multan, l'antica capitale del Punjab, dove intorno all'anno mille c'era il famoso tempio del sole e dove arrivavano gruppi consistenti di esiliati dall'Egitto. Da qui anche l'etimo di zingaro: Egyptian come Gypsies.

Un capitolo molto interessante riguarda il ruolo vitale che gli zingari assumono nell'economia di altri paesi. Con l'inizio della diaspora del XV secolo, si spostano dalle regioni balcaniche in Calabria, Sardegna, Spagna diventando spesso manodopera indispensabile a basso costo, specie nell'agricoltura nelle fasi della semina e del raccolto. Questo ruolo vitale restituisce dignità storica, se pure ce ne fosse bisogno, alle comunità zingare ed è un buon punto di partenza per ricostruire una storia che non sia solo il frutto di mistificazioni o di analisi faziose sulla loro cultura.

Intervista a Paul Polansky
a cura di Enzo Giarmoleo



Ho l'impressione che sei molto attento a non farti coinvolgere dal successo facile, dalla notorietà, insomma che ti difendi dal circolo mediatico. È un'impressione corretta?

Giusto il contrario. Inseguo i media, non per me stesso ma per la mia causa, la mia missione, per aiutare la gente a capire gli zingari, la cultura rom. Ho avuto successo nel coinvolgere BBC (British Broadcasting Corporation), ZDF (Zweites Deutsches Fernsehen, la seconda televisione tedesca), TV Australiana, Arte TV, Al Jazeera, ecc. ma non sono riuscito a fare molti progressi né con i media italiani né con quelli americani. Sia gli uni che gli altri non danno tendenzialmente spazio agli zingari a meno che non si tratti di una storia negativa. Sebbene abbia partecipato a reading in più di 50 città italiane, solo raramente sono stato intervistato dalla stampa italiana poiché agli editori non interessa chi parla in modo positivo degli zingari.

Alcuni episodi della tua vita on the road mi hanno fatto venire in mente "Il Vagabondo" di Jack London, anche se è difficile inquadrarti in una corrente letteraria. Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?

Jack London, Hemingway e la prima poesia di Bukowsky hanno avuto su di me una grande influenza. Suppongo che verrò sempre considerato un poeta americano fuori patria, completamente fuori dal mainstream, con poco o nessun riconoscimento in America. Credo di trattare temi sociali che non sono popolari per la maggior parte degli americani e che la mia poesia sia più accettata in Europa. D'altra parte ho vissuto in America solo 21 anni e in Europa per ben 49 anni. Credo nel socialismo, termine che in America è considerato una parolaccia. Gran parte della mia poesia è molto di sinistra che significa che molti degli editori americani, se non tutti, ignorerebbero i miei scritti. Lo stesso vale per il pubblico americano.

Polansky spiazza il lettore tradizionale abituato a romanticherie tutte occidentali, con tematiche e soggetti fuori dagli schemi: rom, zingari, barboni, pugili…

Si, perché sono temi rari. I lettori sono più interessati ad ascoltarli. Oggi buona parte della poesia almeno in America, tratta della tragica vita amorosa del poeta. I lettori si annoiano a leggere queste storie senza fine, che sono fondamentalmente identiche. Zingari, pugili, vagabondi hanno ancora storie universali da raccontare, in grado di colpire il lettore. Ogni volta che leggo le mie poesie a studenti della scuola superiore in Italia, succede che gli insegnanti vengono da me e dicono che questa è la poesia che dovrebbero insegnare. Dicono questo perché i loro studenti restano entusiasti e coinvolti mentre trovano noiosa la poesia classica insegnata a scuola. Per quanto grandi siano i poeti classici come Dante, gli studenti oggi non riescono a stabilire un rapporto con essi.

Hai avuto mai problemi con i poeti o i critici dell'establishment che ti hanno fatto critiche riguardo alla metrica, al ritmo, alla lunghezza del verso e cose simili?

Si, certamente. Alcuni poeti e critici non considerano la mia poesia, poesia, neanche antipoesia. Questo non mi disturba. Scrivo per raccontare una storia. Tutte le mie poesie potrebbero prendere la forma di racconti, persino novelle. Faccio molta attenzione alle allitterazioni e all'eufonia perché queste mi arrivano naturalmente, proprio come le mie storie. Il poeta francese Frances Combes dice della mia poesia: "È il tipo di poesia che amo. Efficiente, saggia e talvolta ironica. Soprattutto testimonianza umana. Questa è la poesia di cui abbiamo bisogno in questi tempi di divertimento massmediale e di brutalizzazione della mente. Poesia fatta non solo di parole ma di vita. Ora penso che le poesie debbano essere vissute prima di essere scritte."

A cosa serve l'ironia? Mi pare che essa non manchi nei tuoi scritti.

La mia poesia deriva da esperienze vere. E ne ho avute parecchie. Sebbene i miei temi siano centrati sull'ingiustizia e sull'ipocrisia, spesso vedo queste cose attraverso il filtro dell'ironia piuttosto che con la rabbia. Ho visto persone morire nelle mie braccia. Ho visto centinaia di persone cacciate dalle loro case saccheggiate e distrutte. Mi succede di descrivere le storie così come le persone le hanno vissute; altre volte uso la lente dell'ironia o dell'umorismo nero. L'ironia è una forma più sofisticata della rabbia. I lettori sono stanchi di poeti e attivisti che battono semplicemente sulla grancassa della politica. L'ironia fa arrivare lo stesso messaggio ma in un modo più interessante, serve anche ad erodere l'ipocrisia.

Come mai non sono stati ancora pubblicati in Italia: Living through it twice (scritto nel 1998), libro che ha segnato una tappa importante nella tua vita, e la raccolta di testimonianze orali Black Silencescritto nell'autunno del 1998?

Innanzitutto questi libri dovrebbero essere tradotti in italiano e questa operazione costa denaro che oggi manca a molti editori. Un'altra ragione è che gli editori non vogliono investire molti soldi in un sentimento di solidarietà per gli zingari. Le case editrici temono che il pubblico non comprerebbe libri che parlano di zingari. Cosi l'ignoranza sugli zingari è alimentata proprio da quelle stesse persone (gli editori) che dovrebbero educare il pubblico.

Vivere nell'epoca della globalizzazione ti reca qualche disagio? Come ti contrapponi ai mali della globalizzazione? Come ti poni nei confronti dei movimenti antiglobalizzazione, contro la guerra?

Ho lasciato l'America nel 1963 a causa della Guerra del Vietnam; credo che da allora non sia cambiato nulla. L'America ancora crede nell'impero, nella guerra, nell'essere il poliziotto del mondo. Oggi il complesso militare-industriale insieme alle lobby israeliane regna sulla politica estera americana. La globalizzazione ha solo contribuito a rendere le imprese americane più ricche e il mondo più povero. I problemi che ne derivano sono difficili da descrivere con la poesia a meno che non si racconti la tragedia attraverso la
storia di un individuo piuttosto che attraverso una diatriba politica. La poesia può raggiungere la gente, e in modo speciale i giovani, più velocemente di qualsiasi altra forma di comunicazione, fatta eccezione forse per il video. Persino il video è troppo lungo qualche volta. La poesia breve può svegliare le persone più di qualsiasi altra cosa.

Leggendo le tue poesie mi sono accorto della ricchezza e della varietà dei temi trattati. Non c'è il rischio che tu venga conosciuto solo come il poeta che difende i diritti umani, in particolare dei Rom?

Ho più di 3000 pagine di poesia non pubblicate che non parlano di diritti umani o di zingari. Una delle mie collezioni non pubblicate parla dei miei giorni passati a fare trekking sul dorso di un mulo in Spagna alla ricerca di sentieri perduti e dimenticati. Un'altra collezione tratta della mia gioventù nella vecchia Madrid. Spero che un giorno la mia "Altra" poesia venga pubblicata.

Puoi dirci brevemente perché hai dichiarato guerra all'ONU nel periodo in cui ti sei occupato dei bambini di Mitrovica.

La missione ufficiale dell'ONU e delle sue agenzie è soprattutto quella di difendere i diritti umani e in modo particolare i diritti dei bambini. Eppure in Kossovo ho visto che l'ONU era presente solo per difendere i diritti degli albanesi. Nei campi ONU dove ho vissuto con gli zingari, i diritti umani non solo non erano rispettati ma erano invece violati da personale ONU, specialmente dagli appartenenti ai livelli più alti. Nella mia esperienza la maggior parte degli ufficiali dell'ONU è interessata esclusivamente a conservare il proprio posto di lavoro, la propria sicurezza, la carriera e la pensione, piuttosto che al benessere delle persone che proprio loro dovrebbero aiutare. Come si può rispettare una organizzazione come l'ONU che ha lasciato vivere bambini in campi ONU costruiti su discariche tossiche per 12 anni? Sin dal primo anno i loro stessi dottori e in special modo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e la Croce Rossa avevano avvertito l'ONU che ogni bambino nato in questi campi avrebbe accusato danni irreversibili al cervello e non sarebbe vissuto abbastanza per dar vita ad un'altra generazione. L'ONU è gestita da politici disoccupati. Il cinismo, il nepotismo e la corruzione finanziaria permeano i ranghi dell'organizzazione rendendola in molti casi inutile.

Sette poesie

GLI IMBATTUTI


Esistono solo nei fumetti
Persino Marciano non restò imbattuto


Rocky perse fuori dal ring
Perché evitò Kid Rivera


Nella vita reale non puoi evitare gli avversari
specie i peggiori: la famiglia e gli amici


La vita non è un incontro dilettantistico di tre round
ma un campo di sterminio dove fai cose cattive
per sopravvivere


Una lotta a mani nude in un porcile
Senza un gong o un arbitro a salvarti


Ho più cicatrici sull'anima che attorno alle sopracciglia
……………………………………….
………………………………………


Puoi vincere sul ring,
ma non vincerai mai
più di un round
nella vita
…………..


CACCIA GROSSA

Una domenica del 1967
ci allontanammo dalla spiaggia alla ricerca
di una senda sopra Sierra Cabrera


Molti sentieri portavano a
fattorie abbandonate e
a due villaggi semideserti


Eppure ci vollero quattro ore
per trovare un sentiero
e superare lo spartiacque


Nessuna capra di montagna in vista
né bighorn
neanche un cinghiale selvatico


Solo una pernice dalle zampe rosse
che planava giù
per i pendii spogli.


…………………………….


…………………………….


Dopo aver abbeverato i cavalli
stavamo per tornare indietro
quando arrivò la Guardia Civil


Un ufficiale si sporgeva
con un binocolo
dal finestrino della jeep verde


Dietro c'erano quattro guardie
e ciascuna aveva un fucile
con il mirino


L'ufficiale chiese
se avevamo visto
qualcuno sulla vetta


Non mi piacevano i suoi
baffetti ben curati
quindi dissi di no


In seguito venni a sapere che alcuni fuggitivi
repubblicani ancora erano
nascosti nelle sierras dal 1939.


Un cacciatore del posto mi disse:
"questa è l'unica caccia grossa
che ci è rimasta.



PENSAVO DI ESSERE UNA SOPRAVVISSUTA

Sono sopravvissuta alle bande della gioventù hitleriana

scappando a Praga
Dopo che mi hanno portato a Lety
sono sopravvissuta


fame
fucilazioni
iniezioni letali
squadre di lavoro
pestaggi
stupri
tifo
e annegamenti
nel fusto di acqua piovana


Dopo la guerra
volevo una vita migliore
ed ho sposato un uomo bianco


Solo uno dei miei otto figli
ha ereditato la mia pelle scura di zingara.


Ora lui è in ospedale
a riprendersi da due operazioni
dopo che gli skinheads
lo hanno impalato su un palo metallico


Non so se sto vivendo
nel 1936 o nel 1995.


Pensavo di essere sopravvissuta,
ma credo di aver solo
barcollato senza arrivare da nessuna parte


SACCHI PER CADAVERI

I sacchi per cadaveri
che la polizia ha usato
per portare fuori
gli studenti morti
sembravano
gli stessi sacchi di plastica nera
che l'esercito usava
per riportare dal Vietnam
i corpi dei miei
compagni di scuola
un anno dopo
il nostro
diploma
Sfortunatamente
non credo
che i sacchi per cadaveri
andranno mai
fuori moda
in America
per gli studenti
delle scuole superiori.


IL POZZO

Mi presero al mercato
dove la mia gente una volta vendeva i vestiti
e dove ora gli albanesi praticano il contrabbando
Quattro uomini mi gettarono sul sedile posteriore
di una lada blu urlando "Lo abbiamo detto
niente zingari a Pristina"


Mentre mi spingevano sul fondo
sentivo la canna della pistola sull'orecchio sinistro
Era così fredda che sussultai proprio mentre qualcuno premette il grilletto
Il sangue mi schizzò su un lato della faccia
dalla ferita sulla spalla
Caddi fingendomi morto
Pregai la mia amata madre morta tutti i
Mulos9 affinché questi uomini non si accorgessero da dove
fuoriusciva il sangue

Quando arrivammo
mi tirarono fuori per i piedi
La testa si schiantò sul terreno
rimbalzando sulle pietre


Mi gettarono a testa giu in un pozzo
Non raggiunsi mai l'acqua
C'erano troppi corpi
Giacevo rannicchiato quasi incosciente
finchè la puzza e il bruciore della calce viva
non mi fecero rinvenire
………………………..
………………………….


A mezzogiorno stavo camminando
attraverso un bosco seguendo un sentiero per carri
che nessuno usa più


Tranne gli zingari
che fuggono da un paese
in cui hanno vissuto
per quasi
settecento anni


UNA SCUOLA SPECIALE

Ho sempre saputo che mia figlia era brillante
Faceva disegni pieni di dettagli
memorizzava tutte le canzoni dei nostri antenati
suonava il piano prima di avere cinque anni


Per cui fui sorpreso quando l'insegnante venne
a casa nostra e ci disse
che nostra figlia non era pronta per la scuola


Il suo ceco non era abbastanza buono
aveva bisogno di aiuto con la grammatica


Mia moglie disse che tutti a sei anni
hanno bisogno di aiuto con la grammatica


Il preside accettò di incontrarci
disse che nostra figlia era una bella bambina
ma sarebbe stata l'unica zingara nella sua classe


Alla fine acconsentimmo
Firmammo il foglio
Non volevamo che la nostra bambina fosse maltrattata


Ma ora quando la porto a piedi a scuola
e vedo la targa sull'edificio
mi si spezza il cuore


Perché non ci hanno detto
che la sua scuola speciale
era un centro per


ritardati mentali


FERMATA D'AUTOBUS

Io e mio marito
avevamo finito di fare le compere
ed eravamo alla fermata dell'autobus
quando arrivò questa macchina.


mio marito era andato presto in pensione
perché non riusciva a vedere bene
A me non va molto meglio ma vidi che gli uomini
che scendevano erano gadzos10


Quando mi svegliai in ospedale
avevo un braccio rotto
il naso rotto e
avevo perso tutti denti anteriori


Eppure ce l'ho fatta ad andare
al funerale
di mio marito

NOTE

Da metà marzo a tutto aprile, Paul Polansky è in tournee in Italia. A fine marzo sarà in Lombardia. Contattatemi per organizzare un reading nella vostra città. Calendario provvisorio:

  1. In Una figlia parla, Boxing Poems, Volo Press, Lonato (BS).
  2. Le poesie "Caccia Grossa"(1999),"The Well", "Pensavo di Essere una Sopravvissuta", "Sacchi per Cadaveri", "Il Pozzo", "Una Scuola Speciale", "Paradiso e Inferno", "Il Presidente del Kossovo", "Gli Imbattuti", sono incluse in Undefeated, P. Polansky, trad. e cura di Valentina Confido, Multimedia Edizioni, Baronissi (SA) 2009.
  3. Polansky: "il governo ceco avvertì il mio editore di Praga, un ebreo slovacco, che sarebbe stato espulso dal paese se avesse pubblicato un altro mio libro. Tutte le copie furono comprate da Prince Karel Schwarzenberg, il cui padre aveva fondato il campo di Lety. Quest'ultimo usava gli ebrei e gli zingari come schiavi durante la guerra e i cechi-tedeschi come schiavi dopo la guerra fino a quando le sue proprietà non furono confiscate dal governo comunista nel 1948. Prince Karel Schwarzenberg oggi è il ministro degli esteri della Repubblica Ceca e il candidato favorito alle prossime elezioni presidenziali." (da un messaggio elettronico del poeta).
  4. Polansky: "The only poetry techniques I have in my poetry are alliteration and euphony (like the old Viking poetry), both of which come naturally to me … like many other themes." (ibid.).
  5. Il riferimento è alla strage di Columbine nel Colorado (inverno 1999).
  6. Jonathan Swift, Una modesta Proposta.
  7. Estratti di Stray Dog si possono trovare in Undefeated, P. Polansky, Multimedia Edizioni Baronissi (SA), a cura di Valentina Confido
  8. Polansky definisce gli zingari con il nome che loro stessi si danno. Se sono rom, kale, sinti… li identifica con questi nomi, quando parla in generale usa la parola "zingaro" che è quella compresa da tutti. Si può approfondire il tema consultando il libro La mia vita con gli zingari, P. Polansky Ed. datanews.
  9. Mulos: spiriti di zingari defunti a cui non è stato ancora concesso di entrare nel regno dei morti.
  10. Gadzos: in lingua Romani, il termine indica i non Rom.

  • 31 marzo: Circolo ARCI via d'Acqua a Pavia, alle 21.00
  • 2 aprile: CAM delle Gabelle a Milano, alle 21.00 (gli eventi di Pavia e Milano sono organizzati da FAREPOESIA, LA CONTA e MAHALLA, a breve il programma completo)
  • 13 aprile: Università di Cagliari alle 18.00, evento sponsorizzato dall'Unicef
  • 27 aprile: Vicenza alle 18.00 a Palazzo Trissino (Sala degli Stucchi), nell'ambito di Dire Poesia

sabato 17 marzo 2012

L'evoluzione

Il titolo di un articolo prima mi ha fatto ridere (alla fine svelerò il mistero), e poi disordinatamente sono arrivati in successione alcuni frammenti di pensiero, riassunti in tre immagini.

Osservate questa prima immagine o date un occhio a Gypsy Waggon: piccoli capolavori quasi scomparsi, frutto dell'esperienza, leggeri (alcuni quasi leggiadri), il simbolo del viaggio (ed anche della natura, del cavallo, della musica, di tutto quanto le nostre menti rinchiuse nelle case associano alla vita nomade).

Oggi questa è l'evoluzione REALE di quel mondo fantastico (l'immagine viene nientepopodimeno che dal blog di Riccardo De Corato): una roulotte scassata e senza ruote, che non può andare da nessuna parte... ma neanche restare: la foto è stata scattata durante la chiusura del campo di Triboniano.

Dove si va, mi chiedo? Un tempo, si sarebbe preso il vurdon o la kampina e si sarebbero cercate mete più fortunate, ma adesso i discendenti di chi le abitava non sarebbero più capaci di farlo, e non ci sono più posti dove accamparsi senza che l'autorità ti dica di andar via.

E' quello che ho sentito da molti Rom e Sinti: "Prima ci hanno obbligato a fermarci, a mandare i figli a scuola. L'abbiamo fatto in cambio del campo, che in qualche modo era una certezza. E quando hanno ottenuto da noi ciò che volevano, chiudono il campo e fanno nuove promesse."

Attenzione a quest'altra foto, Mirafiori: riuscite ad immaginare qualcosa di più statico e pesante, impossibile da spostare con tutte le sue catene ed i suoi dipendenti?

Eppure... siamo capaci di farlo. Il titolo a cui accennavo all'inizio è:Marchionne: "Siamo nomadi, andiamo dove si fanno affari". ABBIAMO consegnato a Marchionne (tramite le pagine di Repubblica, non del Giornale o del Sole24Ore) prima che il patrimonio del nomade, le nostre teste. Lasciando a Marchionne la possibilità di andare, con tutti i contributi che i vari governi hanno dato alla FIAT negli scorsi decenni, ed una roulotte senza ruote a chi forse per la prima volta nella sua lunga storia si interroga sul proprio futuro. Per la vulgata, il primo passa da imprenditore, i secondi per ladri...

E mentre Marchionne si riscopre nomade, sono in molti tra i suoi connazionali che parimenti a Rom e Sinti non hanno certezza del loro futuro.

Il bello, è che tutto ciò che avete letto dall'inizio, l'abbiamo voluto, l'abbiamo permesso, lo pagheremo. E so già che i futuri disoccupati troveranno il modo per odiare di più "gli zingari", perché succede questo quando si ha fame. L'abbiamo voluto... basta ciò a dire che sia anche intelligente?


PS: Un compleanno recente mi ha ricordato che l'epilogo era già stato scritto anni fa, prima che arrivassero fabbriche e città. Non c'era bisogno di saper leggere le stelle, poteva arrivarci anche un gagio che amasse i libri.

sabato 10 marzo 2012

Operazione della polizia municipale nei campi rom di Napoli, alcune considerazioni



Dagli all'untore! [...]

Da il Mattino del 23 febbraio apprendiamo della brillante "Operazione della polizia municipale nei campi rom di Napoli: stop alla 'rivendita' di materiale, come capi di abbigliamento, prelevato dai cassonetti di rifiuti lungo le strade della città. «Impressionanti» vengono definite le condizioni igieniche delle baracche, infestate da topi. Personale composto da 150 unità, diretto dal comandante, generale Luigi Sementa, è impegnato dalle prime ore del mattino per inibire l'immissione nelle strade della città di capi d'abbigliamento, utensili ed oggetti di scarto prelevati dai rom dai cassonetti dei rifiuti e rivenduti senza nessun trattamento igienico sanitario e, quindi, con rischio per la salute pubblica e degli stessi rom.

Le tonnellate di mercanzie sequestrate, si legge in una nota dei vigili urbani, sono state immediatamente distrutte dai compattatori dell'Asia, presenti sul posto, per evitare qualsiasi forma di recupero. Sono stati inoltre sottoposti a sequestro i mezzi utilizzati come ricettacoli di spazzatura, che al momento sono: 524 carrozzine, 45 motocarri Ape, 97 veicoli trovati senza targhe, documenti e copertura assicurativa, 12 auto risultate rubate, e migliaia di pezzi d'auto di dubbia provenienza." Ebbene si! C'è qualcuno (una parte dell'umanità) che vive degli scarti dell'altra parte. Certo questo può infastidire "malamente" e risultare intollerabile, ma tant'è!

In realtà per il popolo Rom, grande protagonista del Riutilizzo in Italia i tempi che stiamo vivendo non sono tempi felici. Un decennio di pratiche legali legate a mercatini del riutilizzo e raccolta di materiali ferrosi e rifiuti ingombranti (esemplificative le "buone pratiche" di Mestre, Roma e Reggio Calabria) rischia di finire definitivamente nel dimenticatoio sopratutto in vista delle varie competizioni elettorali. La certezza è che le attività di riutilizzo operate dalle Comunità rom raggiungono un volume ed un valore ambientale, economico, sociale e culturale che non sarà possibile occultare a lungo. Sicuramente, accanto ad altre, saranno queste le attività virtuose che garantiranno a questo popolo un futuro di integrazione economica e sociale e una vita più piena e più degna.

L'attività di recupero e riutilizzo dei Rom è aumentata in modo considerevole in questo PERIODO DI CRISI GENERALE E DI RECESSIONE ECONOMICA, soprattutto grazie al lavoro delle ultime comunità che si sono inserite in questo settore (rumene e bulgare). Ma nonostante il grande servizio che i Rom rendono all'ambiente e le innovazioni normative nazionali ed europee che sanciscono l'importanza delle reti locali di riutilizzo, non è ancora registrabile da parte delle amministrazioni locali e centrali nessun vero segnale di voler regolarizzare il fenomeno.

Mentre le presenze di rigattieri Rom all'interno di mercati regolari sono sempre più sporadiche (pur rimanendo significative), i mercati spontanei sono sempre più sottoposti a sgomberi, multe e sequestro delle merci. Gli operatori dell'usato Rom sono sotto attacco in tutta Italia: nei mercati delle periferie romane come nel centrale e famoso mercato di Porta Portese; nel mercatino dell'usato vicino lo stadio San Nicola di Bari così come nel mercato di Bonola (Milano); nel mercato del Porto antico di Genova, così come in quello di Piazza Garibaldi a Napoli o in quello che si sviluppa tra via Aldo Moro e via Salvo D'Acquisto a Cava dei Tirreni.

Nonostante i problemi di pulizia o decoro che sono principalmente attribuibili alla mancanza di adeguate regole nell'approvvigionamento e nell'esposizione delle merci, non c'è dubbio che in tema di riutilizzo il segmento dei Rom è tra i più virtuosi e lungimiranti. Il 7 Maggio del 2011 il Corriere del Mezzogiorno riportava le dichiarazioni degli oncologi Antonio Marfella e Giuseppe Comella, che all'interno di una relazione preparata per l'Isde –Associazione Medici per l'Ambiente, non esitano ad affermare che i rom sono gli unici ad aver compreso «la ricchezza diffusa che potrebbe provenire dall'Oro di Napoli: i rifiuti urbani», poiché sono in grado di recuperare fino al 90% dei mucchi di spazzatura che si trovano a rovistare ai lati delle strade.

Anche se oggettivamente Ambientalista, per i Rom la pratica del riutilizzo rimane profondamente e principalmente un'attività Economica: grazie alla vendita di merci usate circa il 10% di questa comunità riesce ad avere un lavoro e un reddito onesto, e oggi i Rom sono il vero primo anello della filiera dell'usato.

Se negli anni ‘80 le Comunità dell'ex Yugoslavia avevano determinato un forte ribasso sul mercato dei prezzi dell'usato imponendo una ristrutturazione delle attività degli altri rigattieri (italiani e migranti di altre etnie), attualmente questa dinamica è prodotta dai rom rumeni e bulgari. Questi ultimi riescono ad adottare prezzi bassissimi a causa di una molteplicità di fattori, tra i quali segnaliamo:

a) Condizioni abitative di estremo disagio senza servizi (e costi) essenziali come acqua, luce e riscaldamento;

b) Il frequente insediamento in luoghi urbani che si trovano a ridosso dei mercati; vicinanza che riduce le spese legate alla ricerca delle merci e il loro trasporto (sia l'usato da vendere al mercato che i materiali ferrosi da vendere ai rottamatori).

L'usato Rom non è monolitico e presenta sfaccettature e diversità anche importanti: si va dai "frugatori" che rovistano i cassonetti (soprattutto quelli localizzati in zone popolari) agli svuotacantine che sgomberano cantine e soffitte e agli operatori che ricevono in donazione beni tecnologicamente superati da negozi e magazzini, o libri da biblioteche, librerie e privati.

Al loro fianco ci sono gli eredi dei "ferrivecchi", che laboriosi come formichine spalmano la loro attività su tutto il territorio cercando materiali ferrosi da rivendere ai rottamatori per qualche centesimo di euro al chilo. Quest'ultima tipologia di operatore è attualmente la più tartassata, con multe di migliaia di euro e frequenti sequestri dei mezzi e dei materiali raccolti. Anche nel settore "ferrivecchi" la normativa è molto farraginosa e controversa. A tal proposito è illuminante un recente articolo dell'avvocato Marilisa Bombi "Cenciaoli e ferrivecchi: Condannati al carcere dalla semplificazione" che nella sua conclusione afferma che "sarebbe quanto mai necessario un intervento del legislatore di modifica della disposizione in materia ambientale, nel senso che l'articolo 266, comma 5, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, Norme in materia ambientale, dovrebbe essere modificato nei termini qui di seguito indicati: 5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti iscritti al registro imprese, per l'attività già disciplinata dall'art. 121 del Testo unico di pubblica sicurezza ed abrogato dall'art. 6, d.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio".

Roma 23 febbraio 2012

Aleramo Virgili
Rete di sostegno mercatini rom di Roma
Vicepresidente Rete ONU

sabato 3 marzo 2012

Ancora sul razzismo e la sua genesi

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono! (immagine da Terraelibertacirano.blogspot.com)

Conosco amici e compagni che sono convinti che il razzismo sia un patrimonio degli imbecilli... il ché vorrebbe dire che se qualcuno è minimamente intelligente-istruito, non dovrebbe essere razzista.

Visto che non sono d'accordo su questa affermazione, ho provato a dare delle spiegazioni a me stesso:

  1. quella più semplice era che, dato che chi lo pensa è di solito antirazzista, trova più diplomatico affermare di non essere razzista, piuttosto che dire di essere intelligente, col rischio di essere smentito prima o poi;
  2. del razzismo comunemente inteso, percepiamo gli aspetti eclatanti (le fiamme date ad un campo rom, la mensa comunale negata ai figli di stranieri, certe dichiarazioni sanguigne oltre gli steccati penali). Più a fatica individuiamo il brodo di coltura di questi fenomeni.
  3. Se ripenso, ad esempio, a come fu possibile la mobilitazione del III Reich contro gli Ebrei, vedo invece che gli intellettuali svolsero un ruolo chiave nel prepararla. Göbbels (non era l'ultimo arrivato) ben prima che il nazismo si facesse stato, intuì il ruolo dell'informazione (che in seguito passò alla scuola) come veicolo anestetizzante della propaganda; era già successo in passato, ma lui fu il primo ad adoperarla in maniera cosciente e sistematica. Parimenti intuì ed applicò il ruolo di braccio armato da delegare ai gruppi paramilitari. Quando le sue intuizioni da teoria si fecero pratica, la macchina dell'odio era un meccanismo così oliato che dalla guerra agli Ebrei passò alla guerra mondiale.

Passando dai ragionamenti alla pratica, lo spunto arriva da Reggio Emilia. Doppiamente interessante perché il network a cui fa capo la testata, si chiama4minuti.it: vale a dire il tempo che mediamente un lettore distratto dedica a leggere e digerire una notizia.

Ma torniamo alla nuda cronaca, titolo e sottotitolo recitano:

    Rom, dopo l'aggressione di Massenzatico "Il Comune non si limiti alla solidarietà"
    La Lega Nord: bisogna fare rispettare la legalità

Di che si parla? Per motivi banali, qualche sera fa c'è stata una rissa in un locale del Reggiano. Un frequentatore è stato malmenato da un gruppo di "supposti nomadi". Si ignora chi siano gli aggressori.

Dopo queste indicazioni, l'articolo prosegue citando (oltre metà del pezzo totale) una dichiarazione di un consigliere comunale (il partito di appartenenza non mi interessa) da cui veniamo a sapere che la macchina degli aggressori è stata ritrovata abbandonata nei pressi del locale "campo nomadi".

Il tono generale della dichiarazione è fermo, ma nel contempo civile ed educato, niente a che fare con le sguaiatezze di un Borghezio, di uno Speroni o un Calderoli. Difatti il consigliere termina il suo ragionamento con questa frase, che chiunque potrebbe condividere: "Il rispetto della legalità è il primo requisito per la convivenza civile tra le persone, e Reggio non può e non deve tollerare in alcun modo che certi fatti rimangano impuniti".

E' però la penultima frase che ci riporta nel cortocircuito mentale del piccolo razzismo trasmesso in quattro minuti. Con lo stesso tono civile, si dice: "Qualora si accertassero responsabilità o anche solo connivenze o favoreggiamenti da parte di ospiti del campo nomadi di via Gramsci, da parte del Comune mi auspico che vengano presi i provvedimenti di cui al regolamento dei campi nomadi, e che a Reggio non ci sia alcuna ospitalità per questi individui".

Spiazzante quel "qualora" iniziale: non vi suonerebbe fuoriluogo se al posto di una comunità rom o sinta, fosse riferito a qualsiasi altro gruppo etnico? Se il regolamento prevede l'espulsione dei colpevoli ("presunti" tali o dopo essere passati in giudicato?), sapreste dirmi se conoscete un regolamento analogo per le case comunali, dove se qualcuno compie un crimine, o è semplicemente sospettato di esserne l'autore, perde il diritto alla casa? Nel vecchio regolamento del comune di Milano (decaduto lo scorso novembre), perderebbe il diritto alla piazzola di sosta l'intera famiglia del presunto colpevole.

La chiave è in un altro frammento di dichiarazione: "Sono anni che i cittadini di Massenzatico e di Pratofontana subiscono passivamente gli effetti negativi di una convivenza intollerabile con la comunità nomade, nel silenzio delle istituzioni..." da cui discende il "legittimo sospetto" che l'aggressione nel locale sia la scusa per un regolamento di conti ben più grave, per cui una comunità debba pagare le colpe dei singoli, ANCHE IN ASSENZA DI COLPA PROVATA.

Vorrei terminare questi pensieri, invitandovi a non chiedervi se ho parlato o meno di razzismo. Non è un razzista dichiarato chi ha fatto quelle affermazioni, ma credetemi, non lo sono neanche Borghezio, Gentilini, non lo era neanche Göbbels... solo vogliono fortemente che lo diventiate voi. Come sapete, nessun razzista ammetterà mai di essere tale.

Sono (stati) tutti attori, recitano una parte con diversi comprimari e spettatori paganti, al solo scopo di alimentare la continua macchina dell'odio. Sanno che la paura, il risentimento, l'incertezza fioriscono, mai come in questi tempi, e quindi parlano e ci manovrano di conseguenza. Ma in fondo, dipendesse da loro non farebbero male ad una mosca... ci sarà sempre chi svolgerà il lavoro sporco in vece loro.