sabato 26 maggio 2012

Appello: Famiglie rom a Mirafiori Sud


 Firma

FAMIGLIE ROM A MIRAFIORI SUD

Nel 2001 la nonna di una decina di bambini Rom che quest'anno hanno iniziato a frequentare per la prima volta la scuola elementare, ha trascorso, gravemente malata, gli ultimi due mesi della sua vita ospite di un ortolano del quartiere, nella baracca di un orto abusivo sulle sponde del Sangone.

Dieci anni dopo i suoi figli vivono in una condizione non dissimile alla sua, anche se, grazie ad un progetto avviato nell'estate del 2011 che coinvolge cinque famiglie Rom, i suoi nipotini frequentano le scuole del quartiere, con una frequenza superiore alla media cittadina.

Eppure, ancora oggi, queste famiglie vivono per strada, con tutti i disagi che ne conseguono sia per loro che per il territorio.

In questi mesi, oltre l'accoglienza dei bambini da parte delle scuole, alcune realtà e volontari hanno stretto un fragile cordone di solidarietà a sostegno di questa esperienza. Alcuni hanno messo a disposizione un posto nel cortile, altri un bagno, altri ancora il latte per la colazione o un po' di semplice vicinanza umana.

Questo sforzo, che sta già dando frutti miracolosi, anche grazie a qualche sostegno da parte delle istituzioni, ha bisogno dell'intervento di chi, a livelli più alti, può consentire il pieno successo di questa piccola esperienza di tolleranza e convivenza a Torino.

Come operatori e come abitanti ci rivolgiamo quindi alle autorità cittadine per tre questioni su cui i nostri sforzi sono stati finora vani:

1. identificare e autorizzare una collocazione provvisoria delle famiglie, distribuita in postazioni singole, perché non siano oggetto di continui sgomberi;

2. sostenere le procedure necessarie all'ottenimento dei documenti per chi sia nella condizione di apolidia, consentendo così l'avvio di regolari percorsi lavorativi;

3. concedere spazi o locali per l'accoglienza abitativa delle famiglie, nella prospettiva di consentire la maturazione dei requisiti per il successivo ingresso in casa.

Non crediamo che la realizzazione di un nuovo campo nomadi possa sostenere efficacemente l'inserimento e l'integrazione di queste famiglie.
Ci auguriamo che sia possibile intraprendere un percorso che dia a queste famiglie un futuro di emancipazione dalla povertà e dall'esclusione sociale.
Al Prefetto di Torino
S.E. Alberto Di Pace

Al Sindaco di Torino
Piero Fassino

All'Arcivescovo di Torino
Mons. Cesare Nosiglia

Loro sedi

To the kind attention of Mr Alberto Di PacePrefect of Turin
To the kind attention of Mr. Piero Fassino
Mayor of Turin
To the kind attention of Bishop Cesare NosigliaArchbishop of Turin
ROMA FAMILIES IN SOUTH-MIRAFIORI

In 2001, the grandmother of ten Roma children who started attending the primary school for the first time in the year 2011-2012, has passed, seriously ill, the last two months of her life hosted by a gardener of South-Mirafiori, inside an illegal orchard's shack along the banks of Sangone creek.
Ten years later, her sons and daughters live in conditions not different from the one she experienced. That even if, thanks to a project involving five Roma families, started in Summer 2011, her grandchildren are attending local primary schools, with a frequency higher than the average of Turin.
Yet, even today, these families live on the streets, with personal and social disadvantages for them and the territory, as well.
In these last months, local schools welcomed children in their classes. Furthermore, a slight solidarity supporting this experience has been forwarded by some local entities and volunteers: some of them hosted Roma families with campers in their courtyards, others offered the possibility to shower, and some others gave milk for breakfast or simply human neighborhood.
This effort, already bearing some unexpected results, thanks also to the support given by the institutions, needs the support of someone at higher levels allowing the full success of this little experience of tolerance and cohabitation in Turin.We, workers and residents of South-Mirafiori, wish to submit to the city authorities these three issues on which our efforts have not reached the expected results:
1. to identify and authorize a temporary accomodation for these families. Every family should stay in individual location, in order not to undergo continuous evictions;
2. to take charge of the procedures necessary to obtain the documents for stateless people, allowing to start regular working projects;
3. to provide spaces or to house these families, so that they can qualify for entering a real future home.
We do not believe that creating a new Roma camp can effectively support the inclusion and the integration of these families.
We hope that we can undertake a way to give these families a future of emancipation from poverty and social exclusion.

sabato 19 maggio 2012

I Diversi


Tratto da un recente scambio di opinioni:
Nell'introduzione leggiamo: "Quelli di cui parlo non sono Rom immaginari o da rotocalco, ma persone reali con cui ho agito, discusso, riso, litigato per anni". Quale è la Sua esperienza personale con la comunità rom?
Quella di una comunità piccola, rinchiusa ed assediata. Al di là di questo, composta da gente che ha, come me o come il mio vicino di casa, problemi, aspettative, guai e speranze...
    Ho ritrovato un post che fece scandalo nella sonnacchiosa comunità dei blog di Tiscali, del 17 marzo 2005:
Vittorio: "Per come è oggi la situazione, è meglio vivere in un appartamento, soprattutto per i nostri figli. Nei campi spesso c'è troppa violenza, e la situazione igienica non è certo delle migliori".

Rita, sua moglie: "Certo, io pur non essendo una zingara preferivo la vita nei campi. Anche i nostri bambini stavano meglio. Quando ci siamo trasferiti in appartamento non riuscivano a dormire, si sentivano soffocare e poi sentivano la mancanza dei loro amici. Nei campi si vive tutti insieme, in questi palazzi, invece, ognuno pensa per sé".

Ivan: "Tutte le mattine devo timbrare il cartellino alle otto. È mio padre che tutte le mattine mi accompagna all'autobus in macchina. La mia vita è cambiata completamente, vivo con i miei e prima andavamo avanti col contagocce, oggi ho dodici mensilità, tredicesima e quattordicesima. Sul posto di lavoro nessun problema, essere zingaro non ha provocato reazioni negative fra i miei colleghi. I miei colleghi non sono bambini, sanno che vivo in un accampamento, ma non è un problema."
testimonianze da: Zingari a Milano di Laura Tajoli, Roberta Lorenzetti, Giliola Verza ed. Vivereoggi – Comune di Milano

Francesco: "La nuova sistemazione abitativa ha fatto emergere anche nuovi problemi cui devo dedicare la mia attenzione e il mio impegno. Devo occuparmi degli attacchi della luce, delle giovani coppie in cerca di casa e dei rapporti tra il nuovo quartiere e gli altri cittadini di Cosenza.
Non è facile il mio ruolo; mentre prima della realizzazione del villaggio mi occupavo della sola questione abitativa, ora affronto tutti i problemi, sono un mediatore 'globale', usando una parola imparata dei miei amici del Movimento per la Pace che ho frequentato da quando siamo usciti dalla baraccopoli e viviamo più intensamente la vita cittadina.
L'uscire dall'emarginazione mi ha permesso di acquistare maggior sicurezza nelle mie capacità. La responsabilità acquisita, grazie all'incarico di mediazione dell'Opera Nomadi, mi ha spinto a partecipare con consapevolezza a tutti gli incontri con le autorità, come ad esempio il Giorno della Memoria, organizzato insieme al Comune di Cosenza per ricordare i Rom e i Sinti sterminati dal nazi-fascismo.
L'arrivo nella nostra città di un gruppo di Rom, provenienti dalla Serbia, è stata l'occasione per conoscere la lingua che parlavano i miei nonni: quel romanès che vorrei portare nelle scuole."
atti del convegno: LA MEDIAZIONE CULTURALE, una scelta, un diritto – Istituto di Cultura Sinta – Mantova 2004

Parlando con un amica al campo: "Quand'ero più giovane, sono andata a chiedere l'elemosina. Non perché mi piacesse, ma perché non c'erano alternative. Adesso qualche volta lavoro, non lo farei più. I miei genitori erano analfabeti, io ho studiato in collegio. Le mie figlie adesso frequentano le superiori. Ecco: non voglio che loro debbano mai chiedere l'elemosina, sarebbe l'unico motivo per tornare a farlo io!
Loro sono diverse da me: figurati che adesso si preoccupano della linea! E poi, io alla loro età mi vestivo come capitava, loro vanno a scuola e vogliono non sfigurare di fronte alle loro amiche gagi. Così, mi chiedono i soldi per i vestiti. Ma di soldi, ne girano sempre pochi. Così ho risposto: la mattina andrete a scuola, il pomeriggio a lavorare. Anche come lavapiatti, non importa. Non torno a chiedere la carità per comperarvi vestiti."

sabato 12 maggio 2012

Diario di un razzista


Stanotte rileggevo il mio vecchio blog, Pirori, e tra i vecchi post ho ritrovato questo del maggio 2004. Chissà se quel razzista è ancora in circolazione, e chissà se è cambiato qualcosa...
Io odio i neri, gli zingari (e un po' anche i gialli): non mi sento più sicuro di girare in città. Sono Italiano e me ne vanto.

Me ne vanto di meno quando incontro un francese o un inglese: mi guardano sempre con quella superiorità di chi è un popolo da almeno 1000 anni, mentre di Italia se ne è cominciato a parlare da neanche 200. Ma in casa ho il TV color, il DVD, l'HiFi e tutte quelle cose col nome inglese. Se me le portassero via, mi sentirei un po' nero anch'io. E ho paura.

Gli zingari non hanno tutte queste cose, ecco mi sentirei un po' zingaro...

Loro non pagano le tasse come me, per scacciare la paura loro rubano i TV color, e poi li rivendono a noi italiani, o ci allevano dentro le galline. Io, piuttosto che rimanere senza TV color, lo comprerei persino da uno zingaro (e magari ci risparmio, basta stare zitti).

Io pago le tasse per stare in pace, e con le tasse mando i figli a scuola. Adesso, anche gli zingari vogliono mandare a scuola i figli (con i soldi che paghiamo noi!) Abbiamo fatto un presidio, alla fine alcuni loro genitori li hanno ritirati dalla scuola. Poi, andando a lavoro, ho trovato uno di questi bambini zingari per strada. Magari quel bambino andava a chiedere il mangel, o a rubare. M'è venuto un pensiero strano in testa: e se quello andava a rubare, io con quelli del presidio (tutti italiani, lavoratori, padri di famiglia) non è che ce l'abbiamo mandato noi??

A scuola, con gli zingari, stanno succedendo cose strane: prima, o i soldi (le mie tasse!) non venivano spesi, oppure dovevamo pagare di tasca nostra quello che lo stato ci doveva. Adesso la scuola ha tutta una serie di finanziamenti che neanche mi aspettavo. Però gli zingari sono sporchi: adesso a scuola hanno chiesto persino una lavatrice. Ho fatto 2 conti: se ci tassiamo noi genitori, avremo la lavatrice a scuola, e forse ci risparmiamo su quello che pagavamo prima (o almeno andiamo in pari).

La lavatrice: è un idea che ho avuto parlando col dottore; però si è aperto un nuovo problema. Il campo degli zingari fa schifo solo ad immaginarlo... non c'è acqua o corrente, certo che i bambini arrivano sporchi a scuola. Ma, se per caso lì dentro scoppiasse un'epidemia, le malattie (che non sono razziste come me), prima o poi arrivano anche da noi. Potremmo fare un nuovo presidio, perché gli zingari vadano via, magari al posto del campo, non faranno un parco, ma speriamo almeno in un supermercato (ce ne sono già altri otto). E poi, mi sono detto: "Quelli" dove vanno? Non che me ne importi, ma lo so già, staranno qui attorno e gireranno nuovamente nel quartiere. Anche ad arrestarli tutti, poi dove li si mette? Io non so più se sono razzista, o se è solo la paura che scrivevo all'inizio... ma tra uno zingaro che ho già visto e uno sconosciuto che verrà poi, forse preferisco quello che ho già visto, che il figlio va a scuola, che magari gli ho dato dei vestiti alla mamma… Cercate di capirmi!

Credo che il Comune non ascolterà questi pensieri di un razzista, e sgombererà il campo con la polizia e con le ruspe (che io pago con le mie tasse). Si aspetterà che gli sia grato di questo quando ci saranno le elezioni. Dopo le elezioni, avremo un altro accampamento abusivo, poco distante dal primo, e dovremo ricominciare ad odiarci da capo, come se niente fosse successo.

Odiare per me non è un problema, sono abituato. Sono molto più preoccupato perché le mie tasse da anni sono finite in un giro vizioso: polizia, ruspe, sgombero dell'immondizia quando non se ne può più. Ogni anno senza che niente possa cambiare. Gli zingari montano un campo, il Comune lo smonta, il Comune monta un campo, gli zingari lo demoliscono.

Forse sarebbe meno pesante per le mie tasche, se il Comune li pagasse per montare, e tenere in ordine, dove li manda. I soldi, ho scoperto ci sono, ma se non vengono spesi, non è che saranno investiti per fare quel parco che avremmo bisogno. No! Tornano in tesoreria, o a Bruxelles o chissà dove. Ho il sospetto che per farmi un favore, mi nascondano i soldi... e questo non è bello, se sei convinto che i ladri siano gli zingari!

Insomma, caro diario, sono sempre razzista, ma a ragionare mi è venuto una gran mal di testa. Cosa mi rimane di sicuro? La mia paura. Se non ne avessi così tanta, parlerei con gli zingari per capire chi è il ladro. Ma non ne sono capace, e forse anche lo zingaro avrà paura di parlare con me. Saremo condannati ad odiarci, e per fortuna è quello che sappiamo fare meglio.

sabato 5 maggio 2012

Autoemancipazione di una donna rom ungherese


Roma Buzz Monitor di Laura Rahman
Non molti conoscono la differenza tra razza, nazionalità ed etnia. Molti di noi considerano queste tre parole come similari. Sono nata e cresciuta all'interno di un ghetto zingaro urbano in Ungheria. Nacqui che mia madre aveva 16 anni. Mio padre era un giovane delinquente. I suoi genitori erano scomparsi ad Auschwitz e lui crebbe in affido. Non si è curato troppo della sua origine etnica. Aveva adottato la vita dei Rom dove aveva famiglia e amici. In Ungheria, parlavo ungherese e non avevo religione, causa il periodo comunista. Ho frequentato le scuole ungheresi, imparato la letteratura e la storia degli Ungheresi, ma vivevo nel ghetto zingaro di Budapest. Attorno a me c'erano povertà e crimini, ma anche amore e molta arte in forma di musica e balli. A 20 anni, emigrai negli USA. All'inizio, ero persa. Non parlavo inglese, non avevo famiglia, e neanche una religione che mi collegasse a qualche gruppo. Andai a scuola per imparare l'inglese. Con me frequentava gente di tutti i tipi, ognuno parlava la sua lingua e frequentava la propria gente. Mi chiedevano da dove venissi. Dall'Ungheria, rispondevo. Poi mi chiedevano dov'è l'Ungheria. Nell'Europa dell'Est. Volevano anche sapere che lingua parlavamo. Dicevo loro che in Ungheria si parlava ungherese, e sentivo un orgoglio nazionale perché la gente voleva conoscere il mio paese. Non mi è mai maturato di poter essere di altra nazionalità che ungherese. Cinque anni dopo sono diventata cittadina naturalizzata USA. Vivo a New York, sposata con un Indiano musulmano, con mio marito ed i miei figli parliamo inglese, seguiamo l'Islam, vivendo come qualsiasi ordinario cittadino USA. Americani medi, con una casa in periferia, che guidano sempre per andare al negozio di alimentari, all'ufficio postale, a fare la spesa settimanale nei grandi supermercati, che mangiano hamburger ed inzuppano ciambelle. Mi sono pienamente adeguata alla nuova vita negli Stati Uniti. Ora i bambini sono cresciuti e non richiedono più la mia totale attenzione. La mia vita sociale ruotava attorno a loro. Andavo alle riunioni scolastiche, li portavo alle attività extracurriculari come corsi artistici, nuoto e tennis, incontrandomi e socializzando coi genitori dei loro amici. Ora che ho tempo per me stessa, mi sto facendo domande sullo spirito. Mi sono trovata in crisi d'identità. Così sono tornata al college, cercando di diventare una persona importante, in grado di fare la differenza. E lì ho imparato alcune cose importanti. Ho imparato che apparteniamo tutti ad un'unica razza umana, che in qualche modo siamo tutti interconnessi, e che la nazionalità e l'etnia sono fattori secondari della nostra identità umana.
Cosa significa essere zingaro? E' natura o educazione ("nature or nurture?"nella versione originale ndr.)? Nasciamo per essere zingari o lo diventiamo per fattori sociali ed ambientali? C'è molta speculazione sul patrimonio ereditario zingaro. Non è di questo che voglio discutere. Il mio dilemma è cosa sia essere uno zingaro nel mondo d'oggi. Sono necessari determinati requisiti? Quali? E chi è l'autorità che ci dice se siamo zingari o no? Essere zingari per fattori genetici non basta. Alcuni di noi hanno solo una percentuale di sangue rom nelle vene, ma rimaniamo zingari. Noi popolo romanì siamo in viaggio da 1000 anni. Questo significa che abbiamo viaggiato nel mondo e ci siamo mischiati con tutti i popoli incontrati per strada. Inoltre, un fatto impopolare è che in Europa siamo stai schiavi per circa 500 anni. Significa, che le zingare erano violentate, usate come schiave del sesso. Anche i bambini nati in quest'ambiente diventavano schiavi. Se proveniamo dall'India, perché tra di noi ci sono Rom biondi e con gli occhi azzurri?
Gli zingari sono una razza? La risposta è no. C'è soltanto una razza Umana, cioè l'Homo sapiens. La razza è un trucco della genetica. La popolazione umana mondiale condivide il 99,9% della genetica. La razza è natura e l'etnia è educazione; cioè, caratteristiche di nascita contro patrimonio culturale. Lo 0,1% di variazione genetica è responsabilità delle differenti caratteristiche umane, come il colore dei capelli e la struttura del corpo, il colore degli occhi e della pelle. Ma lo stesso colore della pelle è fortemente influenzato da fattori ambientali, quali la somma delle radiazioni solari. Ci sono tre distinte razze umane e trenta sottorazze. I Rom appartengono alla categoria degli Ariani, perché discendono dagli Indiani e parlano una lingua indo-europea.
  1. Razze caucasiche; Ariani che parlano lingue indo-europee
    Camiti, discendenti dalla progenia di Noè
    Semiti-Ebrei, Arabi
  2. Razze mongole; Mongoli nordici, Cinesi ed Indo-Cinesi
    Giapponesi, Coreani, Tibetani, Malesi, Polinesiani, Maori Micronesiani
    Eschimesi, Indo-Americani
  3. Razze negroidi; Africani, Ottentotti, Papua/Melanesiani, "Negritos"
    Australiani, Dravidi
Queste razze hanno sviluppato considerevoli variazioni fisiche tra una popolazione e l'altra. Le caratteristiche fisiche di popolazioni ed individui sono un prodotto dell'interazione tra geni ed ambiente. Per esempio: i propri geni predispongono ad un particolare tono di pelle, ma il colore della pelle di ognuno è fortemente influenzato da fattori ambientali quali la quantità di radiazioni solari. La razza definisce anche le relazioni sociali. Tutti gli esseri umani possono accoppiarsi tra di loro e mischiarsi, quindi siamo una sola razza. Ho sentire dire degli zingari che vivono in mezzo a chi non lo è, che è come mettere un asino in una mandria di zebre, all'asino no cresceranno le strisce. Certo che no! Un giorno morirà, nessuna zebra si prenderà cura di lui, sarà preso a calci e cacciato. Sarà respinto dal branco di zebre, perché l'asino non è uno di loro. L'asino è di una razza differente dalla zebra.
L'etnia si riferisce all'identificazione sociale degli individui basata sul loro patrimonio culturale e su caratteristiche comuni. I gruppi etnici possono condividere antenati, lingua, cultura, nazionalità o religioni comuni, o un misto di questi fattori. Per esempio, ci sono due tribù in Ruanda - gli Hutu e i Tutsi. I componenti di entrambe le tribù si assomigliano, parlano lo stesso gergo... Ma il governo belga etichettò i Tutsi (che allevavano bovini) come superiori agli Hutu (che erano agricoltori), e questo ha portato a scontri sanguinosi. Il punto è che gente della stessa razza ma con differenzi culturali può dirsi appartenente a differenti etnie. Ecco un altro esempio: quando gli Indiani migrano negli USA per studio o lavoro, sono etichettati tutti come "Indiani", anche se provengono da parti differenti dell'India, con tutte le differenze culturali e fisiche (per esempio: i nati nell'India del Nord hanno caratteristiche fisiche differenti dai nati nell'India del Sud - e anche se sono di etnie differenti, negli USA sono tutti etichettati semplicemente come "Indiani"). Lo stesso succede al popolo romanì, anche se sembrano, agiscono, parlano differentemente, anche se vengono da retroterra etnico diverso, sono tutti etichettati solo come "zingari". La razza non si può cambiare. Ma l'etnia, sì. Inoltre, l'etnia è influenzata da fattori culturali ed anche dalla geografia. Abbiamo visto sopra  come gli Indiani, che in India sono differenziati etnicamente, siano considerati un popolo della medesima etnia in un altro paese. Lo stesso nel caso degli zingari. Un gruppo etnico ha una sua propria cultura separata. Chi appartiene ad una razza, lo è indipendentemente da quali possano essere le sue differenze culturali. L'etnia è principalmente per "cultura similare", mentre la razza è tutto quanto va riferito a caratteristiche fisiche/biologiche.
Nazioni e Stati-Nazione
La nazionalità si riferisce semplicemente al paese dove sei nato. La nazioni sono gruppi di persone culturalmente omogenee, più grandi di una sola tribù o comunità. Condividono lingua, istituzioni, religione ed esperienze storiche.
Quando una nazione di persone ha uno stato o un paese proprio, viene chiamato stato-nazione. Francia, Egitto, Germania, Giappone sono eccellenti esempi di stati-nazione. Ci sono alcuni stati che hanno due nazioni, come il Canada e il Belgio. Anche una società multiculturale come gli Stati Uniti sono uno stato-nazione.
Stati e paesi indipendenti
Iniziamo col definire uno stato o un paese indipendente. Uno stato indipendente:
  • Ha spazio o territorio i cui confini sono internazionalmente riconosciuti (possono esserci controversi e di confini).
  • Ha popolazione che ci vive su base continuativa.
  • Ha attività economica ed un'economia organizzata. Commercio nazionale regolato, sia interno che estero. Emette moneta.
  • Gestisce l'ingegneria sociale, come l'istruzione.
  • Ha un sistema di trasporti per trasferire merci e persone.
  • Ha un governo che fornisce servizi e ordine pubblico.
  • Ha sovranità. Nessun altro stato può esercitare l'autorità sul territorio del paese.
  • Ha riconoscimento esterno. Un paese "votato nel club" dagli altri paesi.
Nel mondo ci sono attualmente 196 stati indipendenti. Territori all'interno di un paese o parti individuali di un paese, non sono paesi a sé stanti. Ci sono nazioni senza stato come i Curdi. Per i Rom essere una nazione non è proprio possibile a causa della loro dispersione nel mondo. I Rom non sono un popolo omogeneo come i Curdi. I Rom non condividono le stessa storia, lingua, costumi, cultura. Ogni suo gruppo etnico ha la propria identità culturale, di ciò che chiamano la loro cultura.
Altre temi caldi tra Rom e non-rom sono l'assimilazione e l'integrazione. Assimilazione significa assorbire le minoranze, che devono adottare lingua, costumi e "valori" della maggioranza.
L'integrazione, invece, richiede l'accettazione delle leggi di un paese, dei diritti umani come la libertà di parola, e dei diritti democratici fondamentali, ma non richiede lo sradicamento di tutte le differenze culturali o identità di gruppo: si concepisce come un processo a due vie, in cui si influenzano e si modificano l'un l'altra tanto la maggioranza che la minoranza, ed in cui le differenze possono convivere pacificamente fintanto esiste un comune impegno a vivere assieme. La maggior parte dei Rom è già assimilata, molti i Rom integrati persino nei loro paesi d'origine. Per molti, assimilazione ed integrazione sono ancora una lotta. Una manciata di leader rom si oppongono ad entrambe. Se i Rom vogliono sopravvivere nel prossimo millennio, assimilazione ed integrazione sono un dovere. I Rom devono prendere un posto nella loro comunità, essere parte del tessuto vitale del paese ospitante. Senza, saranno sempre vulnerabili ai conflitti tra paesi ospitanti e stati confinanti.
Io, Laura Rahman, nata in Ungheria, cittadina naturalizzata degli Stati Uniti, dichiaro che, io, appartengo alla razza Umana e sono di etnia Rom. La conoscenza mi ha emancipato dall'avere qualsiasi dubbio sulla mia identità. Dopo questa ricerca, chiaramente vedo le differenze tra nazionalità, etnia e razza.